All’inizio, il fascismo italiano promosse una variante del mediterraneismo che, come il ceppo del mediterraneismo di Sergi, riteneva che i popoli e le culture mediterranee condividessero un comune legame storico e culturale. Inizialmente, questa variante evitava per lo più connotazioni razziali esplicite; i suoi seguaci spesso rifiutavano il razzismo biologico e sottolineavano invece l’importanza degli aspetti culturali piuttosto che di quelli razziali dei popoli mediterranei. Implicitamente, tuttavia, questa forma di mediterraneismo poneva la razza mediterranea e le culture mediterranee come superiori ai gruppi europei nord-occidentali e “nordici”, compresi i popoli dell’Europa nord-occidentale, germanici e nordici. Questa forma “difensiva” di mediterraneismo nacque soprattutto come risposta alla teoria allora popolare del nordicismo, una teoria razziale popolare all’epoca tra i teorici razziali dell’Europa nord-occidentale e germanica, così come i teorici razziali di discendenza europea nord-occidentale in paesi come gli Stati Uniti, che vedevano i popoli non nordici, compresi alcuni italiani e altri popoli mediterranei, come razzialmente subordinati ai popoli nordici, ariani o germanici.
In un discorso del 1921 a Bologna, Benito Mussolini affermò che “il fascismo è nato… da un profondo, perenne bisogno di questa nostra razza ariana e mediterranea”.:11 In questo discorso Mussolini si riferiva agli italiani come al ramo mediterraneo della razza ariana indoeuropea, nel senso di persone di eredità indoeuropea piuttosto che nel più famoso senso nordico che fu promosso dai nazisti.:39 Il fascismo italiano sottolineava che la razza era legata da basi spirituali e culturali, e identificava una gerarchia razziale basata su fattori spirituali e culturali.:39 Mussolini rifiutava esplicitamente la nozione che esistessero razze biologicamente “pure” nei tempi moderni.
Il fascismo italiano rifiutava fortemente la concezione nordista e nazista della razza ariana che idealizzava gli ariani “puri” come aventi certi tratti fisici che venivano definiti nordici come la pelle chiara, o i capelli biondi, tratti non comuni tra i popoli mediterranei e italiani e i membri spesso dalla pelle olivastra della cosiddetta “razza mediterranea”.”:188 L’antipatia di Mussolini e di altri fascisti italiani verso il nordicismo era dovuta all’esistenza di tali teorie da parte di nordici tedeschi e anglosassoni che consideravano i popoli mediterranei come razzialmente degenerati.Sia il nordicismo che il razzismo biologico erano spesso considerati incompatibili con la filosofia fascista italiana dell’epoca; il nordicismo subordinava intrinsecamente gli italiani e gli altri popoli mediterranei al di sotto dei tedeschi e degli europei nord-occidentali nella gerarchia razziale proposta, e i primi fascisti italiani, compreso Mussolini, spesso consideravano la razza come un’invenzione culturale e politica piuttosto che una realtà biologica o vedevano la razza fisica come qualcosa che poteva essere superato attraverso la cultura. In un discorso tenuto a Bari nel 1934, Mussolini ribadì il suo atteggiamento verso il nordismo: “Trenta secoli di storia ci permettono di guardare con suprema pietà a certe dottrine che sono predicate al di là delle Alpi dai discendenti di coloro che erano analfabeti quando Roma aveva Cesare, Virgilio e Augusto”.
Influenza tedesca nazista e mediterraneismo “nordista”
Dalla fine degli anni ’30 alla seconda guerra mondiale, i fascisti italiani si sono divisi nella loro posizione sul mediterraneismo. In origine, le teorie razziali nordiche di stampo nazista si trovavano solo tra un piccolo numero di frange di fascisti italiani, per lo più germanofili, antisemiti, anti-intellettuali e italiani del nord che si consideravano avere un’eredità razziale nordica o germanica lombarda; tra la maggior parte degli altri fascisti italiani, il nordicismo e l'”arianesimo nazista” rimanevano in contrasto con le teorie fasciste italiane sulla grandezza del popolo mediterraneo. Tuttavia, dal 1938, quando l’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazista divenne più forte, e quando le politiche e le teorie naziste tedesche influenzarono sempre più il pensiero fascista italiano, molti fascisti italiani iniziarono ad abbracciare una nuova forma di mediterraneismo, una variante che mescolava il nordismo nazista con il mediterraneismo originale. A differenza di altre forme di mediterraneismo, questa forma basava la sua visione razziale sul nazismo e affermava che gli italiani erano parte della “razza bianca” o “razza ariana bianca” e utilizzava il suprematismo bianco per giustificare il colonialismo.
Nel 1938, pochi mesi prima di creare il Patto d’Acciaio con la Germania nazista, il governo fascista italiano creò le Leggi Razziali Italiane e ufficialmente ma gradualmente riconobbe e abbracciò il mito razziale degli italiani che avevano un patrimonio nordico ed erano di discendenza nordico-mediterranea. Secondo il Diario di Giuseppe Bottai, in una riunione con i membri del partito fascista, Mussolini dichiarò che la precedente politica di focalizzazione sul mediterraneo doveva essere sostituita da una focalizzazione sull’arianesimo.:188 Sia lo storico italiano Renzo De Felice nel suo libro La storia degli ebrei italiani sotto il fascismo (1961) che William Shirer in The Rise and Fall of the Third Reich (1960) suggeriscono che Mussolini promulgò le leggi razziali italiane e si rivolse alle teorie razziali naziste parzialmente per placare i suoi alleati tedeschi nazisti, piuttosto che per soddisfare un genuino sentimento antisemita tra il popolo italiano.
Con l’aumento dell’influenza della Germania nazista filo-nordista in Europa, e mentre il regime fascista italiano cercava l’unità con la Germania nazista, il regime fascista diede ai nordisti italiani, precedentemente marginali, posizioni di rilievo nel Partito Nazionale Fascista (PNF), il che aggravò gli originari mediterranei nel partito.:188, 168, 146 Nordisti di spicco (e precedentemente marginali) come Julius Evola rifiutarono il mediterraneismo e, in particolare, Evola denunciò come “pericolosa” l’associazione di Sergi degli europei del sud con gli africani del nord.:168 Evola rifiutava il determinismo biologico per la razza ma era un sostenitore del nordismo spirituale.In diretta contraddizione con le precedenti o originali forme di mediterraneismo che abbracciavano l’idea di un’origine o cultura condivisa tra tutti i popoli del Mediterraneo, il Manifesto degli scienziati razziali (1938) dichiarò che gli europei mediterranei erano distinti dagli africani mediterranei e dagli asiatici mediterranei e respinse le affermazioni che i mediterranei europei fossero imparentati con i popoli mediterranei semiti o hamitici.
Nel 1941, i mediterraneisti del PNF, attraverso l’influenza di Giacomo Acerbo, presentarono una definizione completa della razza italiana.:146 Tuttavia questi sforzi furono sfidati dall’appoggio di Mussolini a figure nordiche con la nomina del nordico spirituale Alberto Luchini a capo dell’Ufficio Razziale Italiano nel maggio 1941, così come Mussolini si interessò al nordicismo spirituale di Evola alla fine del 1941.:146 Acerbo e i mediterranei nel suo Alto Consiglio per la Demografia e la Razza cercarono di riportare il regime a sostenere il mediterraneismo denunciando a fondo il Manifesto filo-nordicista degli Scienziati Razziali.:146 Il Consiglio riconobbe gli Ariani come un gruppo a base linguistica, e condannò il Manifesto per aver negato l’influenza della civiltà pre-ariana sull’Italia moderna, dicendo che il Manifesto “costituisce una negazione ingiustificabile e indimostrabile delle scoperte antropologiche, etnologiche e archeologiche che sono avvenute e stanno avvenendo nel nostro paese”.Inoltre, il Consiglio denunciò il Manifesto per aver accreditato “implicitamente” gli invasori germanici dell’Italia sotto le spoglie dei Longobardi di aver avuto “un’influenza formativa sulla razza italiana in misura sproporzionata al numero degli invasori e alla loro predominanza biologica”.:146 L’Alto Consiglio sostenne che l’evidente superiorità degli antichi Greci e Romani rispetto alle antiche tribù germaniche rendeva inconcepibile che la cultura italiana avesse un debito con gli antichi Germani.:146