Natura elettrica dell’impulso nervoso
Galvani ritardò l’annuncio delle sue scoperte fino al 1791, quando pubblicò il suo saggio De Viribus Electricitatis in Motu Musculari Commentarius (Commento sugli effetti dell’elettricità sul movimento muscolare). Egli concluse che i tessuti animali contenevano una forza innata e vitale, fino ad allora trascurata, che chiamò “elettricità animale”, che attivava nervi e muscoli quando erano attraversati da sonde metalliche. Credeva che questa nuova forza fosse una forma di elettricità in aggiunta alla forma “naturale” che è prodotta dal fulmine o dall’anguilla elettrica e dal raggio torpedo e alla forma “artificiale” che è prodotta dall’attrito (cioè, elettricità statica). Egli considerò il cervello come l’organo più importante per la secrezione di questo “fluido elettrico” e i nervi come conduttori del fluido al nervo e al muscolo, i cui tessuti agiscono come le superfici esterne e interne del vaso di Leyda. Il flusso di questo fluido elettrico forniva uno stimolo per le fibre muscolari irritabili, secondo la sua spiegazione.
I colleghi scientifici di Galvani accettarono generalmente le sue opinioni, ma Alessandro Volta, l’eccezionale professore di fisica dell’Università di Pavia, non era convinto dell’analogia tra il muscolo e la bottiglia di Leyda. Decidendo che le zampe della rana servivano solo come un elettroscopio indicatore, sostenne che il contatto di metalli dissimili era la vera fonte di stimolazione; si riferì all’elettricità così generata come “elettricità metallica” e decise che il muscolo, contraendosi quando toccato dal metallo, assomigliava all’azione di un elettroscopio. Inoltre, Volta disse che, se due metalli dissimili in contatto toccavano entrambi un muscolo, si sarebbe verificata anche l’agitazione e sarebbe aumentata con la dissimilarità dei metalli. Così Volta respinse l’idea di un “fluido elettrico animale”, rispondendo che le gambe della rana rispondevano alle differenze di temperamento, composizione e massa del metallo. Galvani confutò questo ottenendo l’azione muscolare con due pezzi dello stesso materiale. Ma la controversia che ne seguì fu senza animosità personale; la natura gentile di Galvani e gli alti principi di Volta precludevano ogni asprezza tra loro. Volta, che coniò il termine galvanismo, disse del lavoro di Galvani che “contiene una delle scoperte più belle e più sorprendenti”. Ciononostante, i gruppi partigiani si schierarono da entrambe le parti.
In retrospettiva, Galvani e Volta sono entrambi considerati in parte giusti e in parte sbagliati. Galvani aveva ragione nell’attribuire le contrazioni muscolari a uno stimolo elettrico, ma sbagliava nell’identificarlo come “elettricità animale”. Volta negava correttamente l’esistenza di una “elettricità animale”, ma aveva torto nell’implicare che ogni effetto elettrofisiologico richiede due metalli diversi come fonti di corrente. Galvani, rifuggendo dalla controversia sulla sua scoperta, continuò il suo lavoro come insegnante, ostetrico e chirurgo, curando sia i ricchi che i bisognosi senza badare a spese. Nel 1794 offrì una difesa della sua posizione in un libro anonimo, Dell’uso e dell’attività dell’arco conduttore nella contrazione dei muscoli (“On the Use and Activity of the Conductive Arch in the Contraction of Muscles”), il cui supplemento descrive la contrazione muscolare senza il bisogno di alcun metallo. Egli fece contrarre un muscolo toccando il muscolo esposto di una rana con un nervo di un’altra e stabilì così per la prima volta che le forze bioelettriche esistono nei tessuti viventi.